Pico e il contesto fiorentino: Cronologia

1396: per iniziativa di Coluccio Salutati Manuele Crisolora, dotto bizantino, viene chiamato da Costantinopoli a Firenze per insegnare greco, lingua da secoli dimenticata; fra i suoi allievi Guarino da Verona, il quale dedicò tutta la vita alla raccolta di testi greci; quando morì, a Roma nel 1425, lasciò alla Badia fiorentina una raccolta di circa cinquanta volumi di classici, da Omero ad Aristofane. Sono gli anni in cui la «febbre del greco» fa la fortuna di Giovanni Aurispa, gran trafficante, per denaro, di manoscritti e testi antichi fra oriente e occidente.

1439: in occasione del Concilio di Firenze per l'unione delle Chiese (1438-1443) giunge in città da Costantinopoli Giorgio Gemisto, noto col soprannome di Pletone, che aveva scelto in ossequio al filosofo greco, che comincia a diffondere l'interesse per la filosofia platonica; fra i suoi ascoltatori più attenti, c'è Cosimo de' Medici.

1433: nasce a Figlino Valdarno Marsilio di Diotifeci d'Agnolo, detto Ficino.

1452: inizia il rapporto fra Ficino e Cosimo il Vecchio.

1453: caduta di Costantinopoli, con conseguente afflusso di dotti greci verso l'occidente.

1457: Ficino scrive il trattato De voluptate.

1462: Nella villa di Careggi, messagli a disposizione da Cosimo de' Medici, Ficino inizia la sua opera di traduzione e diffusione della sapienza greca; fra il '62 e il '68 tradurrà tutto Platone, cui faranno seguito il corpo degli scritti ermetici, Plotino, Porfirio, Atenagora, Giamblico, Proclo e molti altri. Careggi, con gli anni, soprattutto dopo l'arrivo al potere di Lorenzo, finirà per divenire lo scenario privilegiato del sogno fiorentino di resuscitare Atene. Accanto a Ficino, membri eletti dell'Accademia platonica furono Angelo Poliziano, lo stesso Lorenzo, Giovanni Pico, Luigi Pulci. Così Ficino ricorderà, molti anni dopo, i prodromi di quell'avventura: «Il grande Cosimo, per pubblico decreto padre della patria, al tempo del Concilio di Firenze fra Greci e Latini, sotto il pontificato di Eugenio [IV], ascoltò spesso le discussioni sui misteri platonici di un filosofo greco di nome Gemisto, detto Pletone quasi un secondo Platone. La sua parola fervida lo accese e lo ispirò a tal segno da fargli concepire nell'alta sua mente il disegno di un'Accademia, da realizzarsi appena se ne desse l'opportunità. Quindi per attuare in qualche modo sì gran concetto, quel gran Medici destinò a tanta opera me ancora bambino, figlio di Ficino, medico suo egregio. Per questo scopo mi venne di giorno in giorno formando, e si adoperò poi perché avessi nell'originale greco tutti i libri, non solo di Platone, ma anche di Plotino. Poi, nel 1463, quando ero trentenne, mi incaricò di tradurre prima Ermete e poi Platone». Rimane così sospesa la questione di Plotino, che verrà poi riaperta, molti anni dopo la morte di Cosimo, da tutt'altro personaggio.

1463: nasce nel castello della Mirandola, da Gian Francesco I e da Giulia Boiardo, zia del poeta, Giovanni Pico dei conti Mirandola e Concordia. Ficino traduce il corpo degli scritti ermetici.

1469: Lorenzo de' Medici succede a Piero.

1460-'70: periodo di maggiore attività dell'Accademia neoplatonica.

1470-'73: Angelo Poliziano traduce il secondo e il terzo libro dell'Iliade e li dedica a Lorenzo de' Medici.

1472: Pico, pare, incontra a Mantova Leon Battista Alberti e Poliziano.

1473: Ficino si fa ordinare sacerdote. Poliziano viene accolto in casa Medici, sarà segretario di Lorenzo e precettore dei suoi figli.

1474: Ficino scrive il De christiana religione.

1477: Pico, accompagnato dalla madre, è a Bologna a studiare diritto canonico.

1478, 13 agosto: Pico perde la madre, cui era profondamene legato. A Firenze la congiura dei Pazzi contro i Medici, ordita con la complicità del papa, dopo aver generato una vera guerra fra Sisto IV e Ferdinando di Napoli da un lato e Venezia e Milano al fianco della Signoria dall'altro, porta infine ad un rafforzamento della posizione di Lorenzo in Italia. Comincia la cosiddetta «politica dell'equilibrio», di cui Lorenzo sarà il fulcro e che assicurerà alla penisola un decennio di relativa pace. Poliziano scrive sulla congiura un commentario in latino difesa delle tesi medicee.

1479: Pico chiede al marchese di Mantova, Federico Gonzaga, libero passaggio per recarsi a Ferrara, dove conta di rimanere alcuni anni a studiare lettere, e dove, soprattutto, avviene il primo incontro del giovane scrittore con Savonarola. Probabile viaggio a Firenze.

1480: Pico è a Padova, dove rimarrà due anni. Incontra molti dei maestri padovani di filosofia, fra cui, Elia del Medigo che, traducendo e commentando per lui le opere di Averroè, lo inizierà all'aristotelismo e all'averroismo. Poliziano riceve da Lorenzo de' Medici l'incarico di insegnare eloquenza greca e latina nello studio fiorentino; da questo momento fino alla morte orienterà la propria attività quasi esclusiva-mente agli studi di filologia classica.

1482: Ficino pubblica la Theologia platonica de immortalitate animorum, che segna l'incontro decisivo fra lui e Giovanni Pico, che immediatamente gliene fa richiesta. Ficino avverte i segni di un'affinità elettiva profonda e in qualche modo fatale fra lui stesso e il giovane, di cui ci lascia memoria nell'introduzione che scriverà dieci anni dopo per la pubblicazione del corpo plotiniano, a cui attese per espresso desiderio di Pico, allo stesso modo in cui, come si ricorderà, anni prima si era dedicato a Platone su indicazione di Cosimo de' Medici; «che [Cosimo] desiderasse la traduzione anche di Plotino non mi accennò, per non gravarmi insieme troppo, tanta era in quel-l'uomo insigne la bontà per i suoi, tanta la moderatezza nei riguardi di tutti. Ed io, non presago, non pensai ad affrontare un giorno Plotino. Ma intanto Cosimo, ciò che da vivo in terra aveva taciuto, finalmente manifestò, o ispirò dal cielo. Infatti al tempo in cui offrii ai Latini le lettere di Platone, l'animo eroico di Cosimo ispirò, non so come, la mente eroica di Giovanni Pico della Mirandola a venire a Firenze, senza che neppure si rendesse conto del modo. Questi, nato nell'anno in cui avevo affrontato Platone, giungendo a Firenze nel giorno e quasi nell'ora in cui lo pubblicavo, subito dopo i primi saluti mi chiede di Platone. Ed io: il nostro Platone è uscito oggi dalla nostra dimora. Egli allora si rallegrò con impeto, e poi subito, non so in quali termini - e neppure lui lo sa - non solo mi spinse, ma mi incitò con forza a tradurre Plotino. Appare senza dubbio alcuno effetto di ispirazione divina che, mentre Platone quasi rinasceva, l'eroe Pico, nato allorquando saturno possedeva l'Acquario (e sotto lo stesso segno ero nato io, trent'anni prima) [in nota: Saturno, dio oscuro, ispiratore degli stati malinconici e contemplativi, era considerato il protettore supremo dell'Accademia; d'altra parte, «Platone - scrive Ficino nella sua biografia del filosofo - era malinconico»], giungendo a Firenze nel momento in cui usciva il nostro Platone, m'aprisse mirabilmente quel desiderio inespresso, e a me del tutto nascosto, ma a lui ispirato dal cielo, dell'eroe Cosimo a proposito di Plotino».

1483: Pico affida al fratello l'amministrazione della sua parte di rendite del patrimonio di famiglia.

1484: Pico soggiorna a Firenze; 12 marzo: invia a Poliziano un saggio dei suoi versi d'amore; 15 luglio: lettera a Lorenzo de Medici sulla poesia e i poeti.

1485, 3 giugno: Pico scrive ad Ermolao Barbaro a riguardo di retorica e filosofia, esaltando quest'ultima; in luglio parte per Parigi.

1486: Pico rientra in marzo a Firenze, agli inizi di maggio è a Roma; 10 maggio: tenta ad Arezzo il rapimento di Margherita, moglie di Giuliano de' Medici, causando grande scandalo; il danno che il conte ne riceve, grazie ad un probabile intervento di Lorenzo in difesa dell'amico, è essenzialmente d'immagine. Da questo momento la decisione di dedicarsi alla pratica della filosofia e alla vita contemplativa, investita di una motivazione più profonda, si fa più radicale: si ritira a Perugia e poi, per la peste, a Fratta, dove si dedica alla preparazione di una disputa sulla «pace filosofica», da tenersi a sue spese a Roma all'inizio dell'anno successivo, e dalla quale spera di ottenere un successo bastevole a far dimenticare l'onta dei fatti di maggio: «Il tuo amico -scrive ad Andrea Corneo -... si duole di aver peccato, non si difende. Altri potranno scusarlo di quello di cui lui non si scusa affatto... [e] non solo vuole affidare a una lettera la memoria di quel fatto ma vuole che tutta la vita successiva lo faccia dimenticare». Compone il commento a una canzone d'amore di Girolamo Benivieni, che si conclude con toni analoghi di pentimento e progetta un commento al Simposio, che non realizzerà mai, con un intento polemico rispetto alla versione ficiniana. Scrive l'Oratio de hominis dignitate per l'apertura della disputa romana e, per ampliamenti successivi, le Conclusiones: «Le tesi da discutere prima della tua partenza - scrive a Girolamo Benivieni - erano racchiuse nel numero di 700. Dopo... sono cresciute sino a 900, e sarebbero progredite sino a 1000 se non avessi suonato la ritirata. Ma volli fermarmi a quel numero, in quanto mistico. Se è vera la nostra dottrina dei numeri, è il simbolo dell'anima che si ritira in sé stessa colpita dallo stimolo delle Muse». Aggiunge inoltre, come colto da improvvisa ispirazione dal versetto evangelico «Vi lascio la pace, vi do la mia pace», il brano centrale dell'Oratio «con tanta velocità da precedere e confondere la mano del segretario» (dalla lettera appena citata). Parte quindi per Roma, dove, il 7 dicembre, escono a stampa le Conclusiones.

1487, gennaio: la pubblica discussione delle tesi viene sospesa, per decreto papale: Innocenzo VIII nomina una commissione che ne valuti la legittimità. 5 marzo: sette tesi vengono condannate, su altre sei si esprimono dubbi; anche i successivi tentativi di chiarimento da parte di Pico vengono respinti e le tesi condannate divengono tredici; 31 maggio: esce l'Apologia, ma ai primi di agosto Innocenzo VIII emana un breve di condanna per tutte le tesi, che sarebbe stato tuttavia pubblicato soltanto il 15 dicembre. Pico ripara a Parigi.

1488, gennaio: su richiesta del papa Pico viene arrestato presso Lione, da Filippo di Savoia e imprigionato nella rocca di Vincennes; sarà liberato ed espulso dalla Francia nel marzo successivo. In giugno accetta l'ospitalità di Lorenzo de' Medici e si ritira in una villa presso Fiesole, mantenendo stretti contatti con gli amici di Firenze. Ficino traduce Giamblico e pubblica il De vita coelitus comparanda.

1489: dedica a Lorenzo de Medici l'Heptaplus, de septiformi sex dierum Geneseos enarratione, commento in sette libri ai primi 27 versetti della Genesi, con l'intento di riaffermare la matrice scritturale del proprio pensiero e di mitigare l'avversione dei circoli religiosi, senza tuttavia riuscire a cancellare lo scandalo causato dalle 900 tesi. Ficino vive nel frattempo una vicenda analoga: è dello stesso anno un'Apologia in risposta alle accuse di negromanzia formulategli da Innocenzo VIII, dalle quali si salverà a stento.

1490-'91: prediche apocalittiche di Savonarola; fra i suoi più accesi sostenitori c'è Pico, che anzi con ogni probabilità aveva spinto in prima persona Lorenzo de' Medici ad invitare il a Firenze il frate, i cui appelli profetici di palingenesi incontrarono, almeno all'inizio, il favore di tutta la famiglia platonica.

1491: Pico cede al nipote Gian Francesco per trentamila ducati d'oro i beni del mirandolese e la terza parte del principato; si muove con Poliziano e Crinito fra le biblioteche di Bologna, Ferrara Padova e Venezia alla ricerca di codici.

1492: muore Lorenzo de' Medici, la cui perdita segna un grave momento di crisi, e di fatto l'inizio del declino, per la cerchia neoplatonica. Ficino dà alle stampe l'edizione integrale di Plotino. Pico pubblica il De ente et uno, dedicandolo a Poliziano, trattato che propone una conciliazione fra il pensiero platonico e quello aristotelico. Ne nasce una polemica con Antonio Cittadini, filosofo e medico faentino, conoscente di Ficino, che non si spegnerà neppure alla morte del filosofo, continuando con il nipote Gian Francesco fino al gennaio del '96. A maggio è a Ferrara, dove partecipa al capitolo generale dei domenicani e si dedica allo studio di alcuni manoscritti orientali.

1493: trova infine conclusione la vicenda delle 900 tesi, con un breve di perdono (18 giugno) emanato da Alessandro VI dopo la relazione di una nuova commissione. Lascia i suoi beni immobili all'ospedale di santa Maria Novella e i beni mobili, biblioteca compresa, al fratello Anton Maria. Lavora a un'opera con la quale si prometteva di confutare tutte le superstizioni, riuscendo però a portarne a termine soltanto la parte contro l'astrologia: sono le Disputationes in astrologiam, che vennero poi pubblicate postume dal nipote nel '96.

1494: muoiono Pico (17 novembre), probabilmente avvelenato, e Poliziano. Cacciata dei Medici da Firenze e instaurazione della Repubblica di Savonarola; l'estromissione dei Medici e la morte di due dei membri più insigni segnano virtualmente la fine dell'esperienza dell'accademia ficiniana; da allora fino alla morte Marsilio Ficino proseguirà le sue ricerche nell'isolamento di Careggi.

1496: fra marzo e luglio escono in due volumi, precedute da una biografia del nipote Gian Francesco le opere di Giovanni Pico.

1498: caduta e supplizio di Savonarola; installazione a Firenze di una repubblica oligarchica. Ficino, dopo aver guardato con iniziale simpatia alla religiosità del frate scrive un'Apologia contro il Savonarola.

1499: muore a Careggi Ficino.


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