La novella tra Testo e Ipertesto: il Decameron come modello VI

VI. Il confronto con la Commedia resta di grande suggestione proprio per una riflessione sul rapporto fondamentale che intercorre tra forme narrative e modelli culturali, riflessione che deve stare alla base di qualsiasi modellizzazione "enciclopedica" (esplorativa o costruttiva) del Decameron entro i nuovi media della scrittura-lettura. Tra parentesi, non è affatto un caso che queste due opere siano quelle che, a giudicare almeno dal fiorire dei progetti informatici intorno ad esse, più accendono l'immaginazione tecno-culturale contemporanea. Commedia e Decameron ci presentano infatti due "mondi" possibili della (nostra rappresentazione retrospettiva della) cultura medioevale, due modi diversi di "sognare", oggi, il Medioevo.

Vale allora, a rischio di essere banali, ripetere che, mentre la compagine narrativa della Commedia, incentrata com'è sul personaggio/Autore, si regge sul vettore "dinamico", lineare, ascendente e edificante del "viaggio" (e della perigliosa navigazione, pensiamo ovviamente al "doppio" di Ulisse), quella del Decameron gravita invece, auto-referenzialmente, sull'attività (il passatempo) ciclico del narrare (e del leggere e del commentare-interpretare ci? che è narrato). Questa strutturazione, se da una parte sembra paradossalmente più statica, affidata com'è alla "fissità" allegorico-iconografica, sospesa tra narrazione e commento, della "cornice" (una parentesi "paradisiaca" e "atemporale" nel tempo calamitoso della pestilenza) e alla sua separatezza dal Mondo narrato propriamente detto, brulicante, proteico e "carnevalesco" delle cento novelle, dall'altra pu? alludere ad un dinamismo "centrifugo" interno non più vincolato all'identificazione unitaria tra (Autore) Narratore(personaggio)-Lettore (33). Si potrebbe infatti aggiungere che proprio la struttura o l'architettura portante del Decameron, apparentemente statica, "visualizza" quella che sembra una caratteristica fondamentale dei possibili mondi o universi ipertestuali: l'atomizzazione in unità discrete e la loro multiconnettività trasversale (multidirezionale) a partire da una struttura funzionale di collegamento.

Ovviamente, il Decameron mentre conduce avanti il processo di secolarizzazione già avviato dalla Commedia, muta anche (inverte?) la direzione, il vettore della verosimiglianza, considerata qui non tanto dal punto di vista o entro il codice di un sistema di retorica o poetica autoriale (34), ma secondo la specifica angolatura della comunicazione e ricezione del messaggio contenuto nel testo. Mentre il sistema allegorico della Commedia presenta (se non altro al lettore moderno, che pu? non condividerne in via di principio le competenze culturali e "enciclopediche") l'inverosimile come "luogo e forma della verità" (teologico-filosofica), il sistema narrativo del Decameron ci presenta invece il verosimile  come "luogo e forma della finzione narrativa". Detto altrimenti, mentre nell'enciclopedia della Commedia l'allegoria è la chiave, e il velo, della verità, in quella del Decameron essa ha la funzione principale di proteggere lo spazio della finzione. Da questo punto di vista, sembra di poter dire che, laddove il vettore fondamentale della Commedia (con tutta la ricchezza delle sue tensioni interne, tra esoterismo ed essoterismo) rimane in fondo quello del "didascalismo scolastico" che, come dice Eco, "usava e legittimava le allegorie per spiegare meglio un mistero a tutti, anche agli indotti" (il che non impedisce agli accoliti di Dante di "sgangherarne" il sistema per i propri giochi iniziatici), il vettore principale del Decameron sembra anticipare invece performativamente, attraverso l'elemento ludico della finzione, un'agnostica attitudine "moderna" che lungi dal ricorrere, come il simbolismo rinascimentale, "a geroglifici esotici e a lingue ignote per celare al volgo delle verità che sono comprensibili solo all'iniziato", sollecita invece il lettore a un salutare e vitale esercizio ingegnoso di interpretazione del mondo umano (troppo umano) in cui, semmai, "geroglifici iniziatici" e "lingue ignote" sono parodicamente insinuati o smascherati come strumenti di interessati o passionali inganni (il che non impedisce affatto di trovare, anzi, a chi lo volesse, racchiuso nell'unità dell'Opera, un "superiore" messaggio etico, intonato ai modelli culturali che la improntano) (35).

Se, insomma, per ricorrere ad una esemplificazione figurativa, il Giotto di Dante è forse ancora quello di Assisi, il Giotto di Boccaccio ci pone non a caso davanti agli ironici dilemmi dell'apparenza e della simulazione (l'inganno a-morale della natura e dell'arte) mentre suggerisce, a chi voglia leggere oltre, una mimesis e una "lettura dell'universo" dei segni che non pu? non definirsi, col riso scrosciante che l'accompagna, tanto parodica che, aporeticamente, "moderna":

...Giotto, ebbe uno ingegno di tanta eccellenzia, che niuna cosa dà la natura, madre di tutte le cose e operatrice col continuo girar de' cieli, che egli con lo stile e con la penna o col pennello non dipignesse sì simile a quella, che non simile, anzi più tosto dessa paresse, in tanto che molte volte nelle cose da lui fatte si truova che il visivo senso degli uomini vi prese errore, quello credendo esser vero che era dipinto. E per ci?, avendo egli quell'arte ritornata in luce, che molti secoli sotto gli error d'alcuni, che più a dilettar gli occhi degli ignoranti che a compiacere allo 'ntelletto de' savi dipignendo, era stata sepulta..." (VI, 5, ed. Branca, p. 737).

Se, in questo passo, al nome di Giotto sostituiamo (36) quello di Boccaccio stesso, le considerazioni fatte sopra sul rapporto simmetrico-asimmetrico o di modello-antimodello tra Commedia divina e Commedia umana, sistema (enciclopedico-allegorico) dantesco e sistema (enciclopedico-novellistico) boccacciano, consapevolmente (parodicamente?) fondato sulla dialettica tra mimesis e finzione, "diletto" e "intelletto" risultano arricchite di ulteriore complessità (37). Che non si pretende certo di risolvere qui (38). Val soltanto la pena di indicarle anche in funzione di quella feconda prospettiva critica sul rapporto parola-immagine che fa capo agli studi, intensificatisi di recente, sul "Boccaccio visualizzato", cui il medium elettronico potrà per sua natura dare, in un futuro speriamo imminente, impulsi imprevedibili (39).

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